Due romane appiedate in Basilicata

Oggi l’idea è quella di andare a Craco, borgo abbandonato dopo la devastazione del terremoto del 1980.
La realtà però è che noi (io e la mia migliore amica Ale) non disponiamo di un’automobile e non abbiamo fatto i conti con il sistema logistico lucano. Stradine tortuose che si dipanano tra silenti campi sinuosi, rarissimi autobus che passano ad orari improbabili e rete ferroviaria pressoché inesistente. Il traffico automobilistico poi (nella remota speranza che qualche anima pia ci carichi per darci un passaggio) è a dir poco sporadico: passerà una macchina ogni 5-6 ore. 
Ma in fin dei conti Craco è a solo una cinquantina di chilometri da Matera. Che sarà mai?? Faccio io. Dopo tanto chiedere in giro scopriamo che c’è un autobus che a Craco nuova ci passa; da lì per raggiungere Craco vecchia (8 chilometri)…boh! 
Io, spinta da un insolito ottimismo, convinco Ale a provarci. Lei, per niente entusiasta, mi fa notare che non ci sono mezzi per tornare in giornata, ma io, come al mio solito, minimizzo “dai, poi qualcosa troveremo!” 
L’autobus intanto prosegue il viaggio inerpicandosi in un paesaggio d’incanto tra colline gialle di grano e grigie di calanchi. Sale, sale, sale fino a quando si ferma nella piazzetta di un paesino in cui sembra che gli unici abitanti siano i tre vecchietti seduti su una panchina e l’età media si aggiri sugli 82 anni. 

IMG_8444
Tutti giù, siamo arrivati al capolinea. Beh, non doveva andare proprio così perché è ovvio che abbiamo mancato la nostra fermata. 
Allora entriamo in un bar dall’arredamento dubbio in cui i tavoli sono stile tirolese e lignei serpenti etnici appesi ai muri si fanno strada tra i quadri dell’amaro Lucano. Chiediamo a che ora passa il prossimo bus per uscire dal paese. Non ci sono: l’ultima corriera è partita mezz’ora prima. 
Ma visto che siamo due sprovvedute, venute appositamente dalla capitale e molto probabilmente facciamo una gran pena, un avventore del bar (leggasi un’anima pia) si offre di darci un passaggio fino a Pisticci. 
Ci scarica nella stazione degli autobus: uno spiazzo nel mezzo del niente dove si vede solo una casetta mal illuminata. Aspettiamo nel buio sedute a terra con Ale preoccupata perché ha paura che i cinghiali che sentiamo tra i cespugli ci carichino e io che mi faccio prendere dagli scompensi ogni volta che il vento muove le foglie del fico vicino a noi. 
Alle 22, quando quasi avevamo perso le speranze finalmente arriva la corriera che va a Matera. Siamo euforiche, neanche avessimo vinto la lotteria. 
Andiamo dall’autista a comprare i biglietti. 
“I biglietti non li faccio io, dovete prenderli alla biglietteria. È quella laggiù”. Ci dice indicandoci la casupola nello spiazzo. 

IMG_8477
Ci avviciniamo. Suoniamo il campanello. Dopo un po’ si affaccia dalla finestra una signora anziana in vestaglia “Chi è? Che volete?”
“Salve, dobbiamo fare i biglietti per Matera”
“La biglietteria è chiusa”
“Ah”
“Vabbè, aspettate che vedo cosa posso fare”
Dopo un paio di minuti scende e fa capolino dalla porta con i biglietti in mano.
Il ritorno lo passiamo a chiacchierare con l’autista, un signore ganzissimo con i capelli brizzolati e la faccia simpatica che non appena alla radio mettono i Doors ci confessa la sua vocazione rock e ci dice che avere una figlia rockettara è una delle sue più grandi soddisfazioni: “È allora che capisci che hai fatto un buon lavoro”. 

© 2018 – 2017, Cristina Cori. All rights reserved. Copyright © CristinaCori.com

Di' la tua