Ma non è tutto oro quel che luccica.
Le forze che risiedono nel sottosuolo non possono sempre essere controllate dalla mano dell’uomo e le calamità naturali che hanno devastato l’Islanda ne sono una chiara dimostrazione. I vulcani sono una fonte costante di fastidi e preoccupazione.
Nel 2009 l’eruzione dell’Eyjafjallajokull con le sue dense nubi di ceneri bloccò il traffico aereo di mezza Europa. Nel 1996 invece quando eruttò il Grimsvotn, uno dei vulcani dormienti che giace sotto lo spesso manto di ghiaccio del Vatnajokull (il ghiacciaio più grande d’Europa), provocò un’inondazione glaciale che devastò un’intera regione. Il magma fuoriuscendo creò una fenditura sotterranea al ghiacciaio e diede vita a un lago subglaciale. A un mese dall’eruzione il livello del lago si alzò e le sue acque si riversarono nella valle sottostante travolgendo la Hringvegur, la principale strada del paese. I 3000 miliardi di litri cubi d’acqua liberati in poche ore e i giganteschi iceberg che si staccavano dal Vatnajokull spazzarono via i ponti Skeidara e Gigjukvisl.
È una terra inquieta l’Islanda. Qua la natura è impetuosa e può cambiare i connotati di un paesaggio nel giro di pochi anni o addirittura nel corso di una notte, come accadde il 23 gennaio 1973 su Heimaey, nell’arcipelago delle Vestmannaeyjar. L’Eldfell, uno dei due coni vulcanici della piccola isola a sud dell’Islanda, spuntò durante un’inaspettata eruzione notturna. La fortuna volle che quel giorno i pescherecci fossero rimasti ormeggiati a causa del forte vento e poterono così trarre in salvo gli abitanti. La lava che si riversò sulla cittadina distrusse 360 case facendo del capoluogo dell’isola una Pompei del nord.
Una notte di dieci anni prima invece al largo di quello stesso arcipelago, emerse ribollendo l’isola di Surtsey, dichiarata poi patrimonio dell’Unesco nel 2008.
Anche lo Jokulsarlon, la laguna di iceberg nel sud est del paese, è relativamente recente. La sua formazione iniziò negli anni Trenta quando i primi lastroni di ghiaccio cominciarono a staccarsi dallo Breidamerkurjokull. Questo ghiacciaio che arrivava a lambire la Hringvegur, si ritirò poco a poco dando vita a questa laguna profonda 600 metri, con iceberg azzurri che galleggiano placidi in direzione del mare.
In Islanda insomma è la natura a dettare legge. E quasi sempre vince sull’uomo. Questo è tra l’altro il messaggio di “Gente indipendente”, uno dei romanzi di maggiore successo dello scrittore islandese Halldor Laxness, premio Nobel per la letteratura nel 1955. Tutta la vita del protagonista Bjartur, un rozzo e odioso pastore di fine Ottocento, è segnata dall’inutile lotta contro una natura troppo potente. Bjartur vuole vivere in autosufficienza nella sua fattoria sperduta nella campagna sferzata da venti implacabili, ma non ci riuscirà mai veramente: è un antieroe destinato a perdere la sua battaglia contro la natura islandese.
Guardando i paesaggi aspri di quest’isola dove le piccole chiese rurali sembrano solitarie case di campagna e i tumultuosi fiumi finiscono in roboanti cascate, penso che sia proprio così. Questa natura indomita, scandita dal continuo alternarsi di fuoco e ghiaccio, luce e buio, rappresenta in qualche modo l’essenza dell’isola.
Sì, perché l’Islanda al primo impatto è fredda ed i suoi inverni sono troppo bui da sopportare, ma dentro questo guscio duro plasmato dal gelo, batte in realtà un cuore irrequieto fatto di magma. Il cuore di una terra spesso dimenticata dalle mappe dell’Europa forse perché troppo giovane e lontana per il vecchio continente.
© 2016, Cristina Cori. All rights reserved. Copyright © CristinaCori.com