Le sirene risuonano oltre i monti di Wadi Musa. Sono le 18, inizia il coprifuoco. La Giordania, come mezzo mondo, è in lockdown da quando il Governo ha chiuso le frontiere lo scorso 17 marzo a causa della pandemia da Coronavirus. Dal paese non si entra e non si esce. Il turismo è fermo e Petra rimarrà chiusa ai visitatori fino a nuovo avviso. L’unico ad aver il privilegio di poterci andare è il suo popolo: i Bdoul, i beduini di Petra. Erano due secoli, da quando l’esploratore svizzero Ludwig Burckhardt la scoprì nel 1812, che i Bdoul non la avevano tutta per loro.
Così, finita la quarantena ad Amman e tornata a Umm Sayhoun (il villaggio beduino dove abito), pensavo di trovarli tutti tra le tombe e i templi della città rosa, felici di riavere Petra tutta per loro, di non doverla dividere con il resto dell’umanità. Invece, con mia grande sorpresa i beduini l’hanno disertata e dentro il sito non c’è nessuno. “Mi sono dimenticato di Petra” mi dice Raaed, mio marito, che ora che non ci sono turisti non ci va da un mese.
Anche il villaggio appare desolato: per le sue strade assolate non gira anima viva se non qualche asino dallo sguardo triste che vaga pigramente di bidone in bidone alla ricerca di cibo. Ma allora dove sono finiti i beduini? Non di certo chiusi in casa a rispettare il distanziamento sociale. No, questo a loro non riesce. Loro ancora si stringono la mano quando si incontrano, continuano a riunirsi per fumare narghilé, bere tè dolce e celebrare dispendiosi matrimoni (di nascosto, senza musica e balli per non farsi scoprire, ma li celebrano).
“Metà del villaggio è sul Sabra Trail verso Dana, l’altra metà sulla Black Mountain. E chi non è lì è nelle vallate di Little Petra con il bestiame” mi dicono. Ecco dove sono tutti: si sono rifugiati nelle montagne.
In mancanza di turisti con i quali fare affari, i beduini si sono dileguati. Non è però una fuga che li appaga. Quando ci parlo vedo nelle loro facce una punta di tristezza. “Ma non siete felici di godervi Petra senza le folle dei visitatori?” chiedo io. No, non lo sono anche se lo dicono col sorriso sulle labbra. “Non è per i soldi, eh, sia chiaro. È che con i turisti c’è più movimento, più allegria” mi confessa Majid, un amico. Si annoiano i beduini. Si annoiano senza turisti, senza la vivacità che il turismo porta nella loro amata Petra.
Quando il Governo dichiara che nella provincia di Ma’an possiamo uscire dalle nostre case decido di andare a fare un giro dentro Petra. Mi mancano le sue facciate scolpite e le sue montagne rosse che ogni giorno vedo dalla finestra di casa. “Corona! Corona!” mi gridano dietro i bambini per le strade. Sono straniera e quindi per quei pochi di loro che non mi conoscono sono lo zimbello da schernire.
Imbocco il sentiero del Wadi Umm Sayhoun che dal villaggio porta alle Tombe Reali (quello “segreto” che normalmente percorrono i beduini in asino) e entro nel sito. Sulla mia strada incontro solo una donna seduta davanti alla Tomba del Palazzo. Mi invita a sedermi con lei, ma non mi offre nulla perché è il mese del Ramadan: non si mangia e non si beve fino al tramonto. Dal mio scarno arabo capisco che anche lei si augura che i turisti tornino presto, “Inshallah”.
Continuo la mia visita in una Petra surreale, completamente vuota in pieno giorno, in cui gli unici suoni sono il canto degli uccelli e il vento che ulula tra le gole dove non passa più nessuno. I sentieri sono deserti e le vallate popolate solo dagli asini lasciati liberi al pascolo; adesso che tutto si è fermato anche loro possono finalmente riposarsi e brucare liberamente l’erba che le piogge invernali hanno donato a questo paesaggio aspro. Gli oleandri sono già fioriti e il nodoso albero del pistacchio cresciuto tra le pietre del Ninfeo è tornato frondoso, una macchia verde sulla terra gialla della strada romana.
Petra è tornata ad essere una città fantasma, come quando dopo il periodo bizantino fu abbandonata a se stessa e la sabbia se la mangiò. Tuttavia mi piace così, senza nessuno, tutta per me. Sarà che da italiana la vedo con altri occhi, non con quelli beduini che la vivono da sempre. O forse è la consapevolezza di assaporarla in un momento storico unico in cui mi trovo a essere testimone di una Petra che finalmente torna anch’essa a respirare.
Quando dopo il Coronavirus Petra tornerà alla normalità e volete venire in Giordania, potete trovare informazioni utili nei miei articoli: Organizzare un viaggio in Giordania, ecco cosa sapere, Petra, tutte le info e i costi e i consigli per visitare l’antica capitale nabatea, 10 luoghi “segreti” di Petra che (forse) non conosci.
Se avete bisogno di una guida a Petra, aiuto a organizzare il vostro viaggio in Giordania o se volete restare in contatto mi trovate alla mail nella pagina contact me, su Facebook e Instagram
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Che meraviglia la tua Petra! Mi hai aiutata a guardare il turismo da un’altra angolazione e te ne sono grata.
Ciao Sara,
Petra è un luogo di un magnetismo disarmante!
Sono felicissima di essere riuscita a portarti con il cuore e la fantasia in questa antica città, soprattutto ora che nessuno, se non noi del villaggio, possiamo andarci 🙂